[img_assist|nid=24489|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]PORDENONE - Carl Th. Dreyer, il grande regista danese autore di Pagine dal libro di Satana, La passione di Giovanna d’Arco, Gertrud, Ordet e di altri titoli memorabili, torna sul grande schermo del teatro Verdi di Pordenone con Die Gezeichneten (Gli stigmatizzati), film del 1922 e considerato perduto sino a quarant’anni fa, e Du skal aere din hustru (L’angelo del focolare), del 1925. Le Giornate del Cinema Muto ripropongono così, in copie restaurate, due Dreyer degli anni Venti in cui inizia a delinearsi lo stile rigoroso e severo che troverà compiutezza nelle opere successive. Dreyer si dimostra subito intenzionato ad affermare la propria individualità di autore e la sua dignità di artista, ponendosi in contrasto con l'industria cinematografica del proprio Paese.
Già da questi lavori il regista afferma la sua concezione del cinema come arte e non come spettacolo di intrattenimento prodotto su scala industriale. Die Gezeichneten affronta il tema scottante dell’antisemitismo, che Dreyer avversò per tutta la vita, ma che affrontò in modo diretto solo in questo toccante e potente film. Pochi altri lavori dello stesso periodo, se ve ne sono, ritraggono il potenziale distruttivo dell’intolleranza razziale con altrettanta chiarezza, e la terribile violenza del pogrom finale è tuttora sconvolgente.
Basato su un romanzo danese del 1912 di Aage Madelung, all’epoca un popolare scrittore realista, il film racconta attraverso la vicenda personale di Hanne-Liebe e della sua famiglia una storia ambientata nella Russia di prima e durante la rivoluzione del 1905, in cui il malanimo nei confronti dei vicini ebrei, alimentato ad arte dalle autorità, sfocerà in un atroce massacro. Dreyer volle per questa storia la massima autenticità. Con il suo scenografo Jens Lind viaggiò a Lublino, in Polonia, dove c’era una grande comunità ebraica; e quando gli esterni del film furono ricostruiti a Berlino riproducevano le architetture che avevano visto là. Come comparse, furono scritturate decine di ebrei profughi dalla Russia.
Dal punto di vista critico, in Du skall aere din hustru[img_assist|nid=24490|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=466] (L’angelo del focolare) si potrebbe leggere un ulteriore esempio dell’avversione di Dreyer per ogni forma di oppressione, in questo caso domestica invece che religiosa. Ma il film (di cui negli anni Settanta cominciò a circolare negli USA e in Inghilterra una copia inglese a 16mm con il titolo The Master of the House) può anche essere definito “semi-femminista”.
La protagonista, in effetti, non ha lo stesso ardimento della Nora ibseniana; Ida è riluttante ad abbandonare Victor al tenace amore di Mads. Il ritratto del marito disoccupato, che vediamo bighellonare per le strade e fare sosta in un bar, evidenzia come le condizioni economiche favoriscano l’oppressione femminile. Ferito nell’orgoglio, Victor diventa un tiranno tra le pareti domestiche, e a patirne le conseguenze sono la moglie e i figli. D’altronde la morale dichiarata del film, il cui titolo originale, tradotto alla lettera, suona Onora tua moglie, non si può propriamente definire progressista. Il film, sia pure con una sottile venatura ironica, difende il matrimonio tradizionale, e il lieto fine serve a rassicurarci sul completo ravvedimento di Johannes.
Presentando questi capolavori sul grande schermo, Le Giornate del Cinema Muto consentono agli storici di ricostruire la storia delle forme cinematografiche con la massima ricchezza di dettagli e ripropongono al pubblico di oggi imprescindibili classici del cinema.