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Black & White: cronaca di uno scandalo annunciato

IndiePenDance
[img_assist|nid=11213|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]Gli scandali sono ciclici. In ogni campo, nella Società dell’Informazione Distorta, ogni campo dell’esperienza umana è passibile di scandali ed indignazioni di solito spurie e surrettizie, ché il Moloch si nutre di innocui fremiti di sdegno.
Ciò che sarebbe stato impensabile anche solo trent’anni fa, è ordinaria amministrazione in un mondo in cui Floriana del Grande Fratello ha diritto di parola davanti a milioni di persone e, per ciò stesso, è maestra di pensiero assai più di quello che poté essere Schopenhauer o Gandhi. A ragionarci a mente lucida, operazione peraltro sempre più difficile, non può che stupire che ad essere oggetto di scandalo siano i giochi dei bambini. In tempi in cui il concetto di catarsi era riservato a pochi dei pochi alfabetizzati, la catarsi stessa poteva compiersi liberamente: si giocava alla guerra, al dottore, si compivano[img_assist|nid=11214|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=537] candide efferatezze con giochi non strutturati che lasciavano libero sfogo sia alla fantasia e alla crescita che alle angherie e alle difese contro queste. Insomma, il gioco dei bambini era quello che è per i cuccioli: un’imitazione, ed un allenamento, alla vita. Poi venne l’idea che tutto deve essere privo di rischi e traumi, l’Era dell’Elimina i Batteri al 100%, persino i giochi, adesso però imprese commerciali che muovono le masse, divennero modo ed oggetto di scandali. In questo ambito, particolarmente appetibili sono i videogiochi: Carmegeddon, bambine da seppellire e quant’altro, sesso, violenza & interettività.

Cronaca di uno scandalo annunciato pare essere Black & White, un gioco ideato da Peter Molyneux, sviluppato da Lionhead Studios e pubblicato da Electronic Arts e Feral Interactive. Ma pare anche avere qualche connotato diverso, tanto che se n’è occupato Francesco Pira, docente all’Università di Udine che sovente sviscera per noi aspetti singolari del quotidiano sociale. Black & White è infatti un god game, un gioco in cui noi, i protagonisti, possiedono sembianze e poteri ultraterreni; hanno anche la possibilità di creare un culto della loro figura e di conquistare quanto più dominio possibile, in modo pacifico o con l’uso delle armi. Il senso del gioco è basato sul concetto di Forza, negativa o positiva, impiegata in direzione del Bene o del Male.

Ovviamente, il punto cruciale è basato sulle dinamiche di gioco. Il protagonista è un dio che governa un’isola in cui vivono varie tribù. L’obiettivo è convincere quanti più fedeli a divenire propri adepti. Colpisce il mezzo: una mano che vaga sullo schermo e che assume il significato simbolico della potenza del dio. Ci sono, inoltre, vari modi per conquistare gli abitanti dell’isola: convincerli, aiutarli a realizzare i loro obiettivi quotidiani, stupirli con i propri miracoli o renderli felici – spiega Pira - Quest’ultima ci appare la più eclatante delle provocazioni che porta in sé questo gioco; probabilmente perché oggi non facciamo altro che cercare spasmodicamente uno sbocco, una via, un appiglio per giungere alla felicità, sentimento che, invece, è molto lontano dalla vita artificiale che conduciamo.

[img_assist|nid=11215|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=498]Ma il dio di Black & White non si ferma a questi meriti: vuole addirittura trasmetterle ai suoi sudditi la gioia perpetua. Per farlo, deve innanzitutto edificare il proprio tempio, dopodiché le preghiere degli adepti aumenteranno l’influenza della divinità stessa. In secondo luogo, il Signore dell’Isola dovrà affrontare le varie missioni affidategli da altrettante pergamene e scegliere in quale direzione (benefica o malefica) indirizzare le proprie azioni. La sua mano, che diventa un prolungamento di quella del giocatore, deciderà allora di spostare oggetti, di svegliare i sudditi e di porli in un determinato luogo per la costruzione di edifici, di fondare delle città e di conquistarne altre con l’uso della forza o di trattative diplomatiche. Bene o Male, insomma, Bontà d’animo o Cattiveria. Il nostro dio, inoltre, avrà a disposizione un avatar, ovvero una creatura, creata a propria immagine e somiglianza, la quale fa le sue veci sull’isola. Questo, che può essere un leone, una pecora, un lupo, ma sempre un essere di enormi dimensioni che si forgerà una propria coscienza evolvendosi fino all’autonomia, oppure resterà inerte e totalmente assoggettato al Signore, divenendo un semplice strumento di distruzione e di terrore per i sudditi. Inoltre l’avatar combatterà le creature a lui simili, tutte originate dal volere di altre divinità ostili a quella protagonista. Oltre tutte queste opzioni e varianti, si ha la possibilità di scegliere le condizioni climatiche e gli scenari, il tutto con una giocabilità che gli intenditori non giudicano il massimo.

Ma fatta salva questa nostra potenzialità, peraltro già vista anche al cinema, come reagiranno i capi religiosi? - si chiede Pira - In particolare quale giudizio darà la Chiesa di un videogioco così incredibilmente capace di scaricare l'aggressività ma anche di esaltare, non sempre il meglio, ma a volte il peggio di noi?

Per seguire il filone di pensiero di Pira, viene da chiedersi se scatteranno le accuse di blasfemia e paganesimo, che videogiochi come The Sims avevano evitato – ma l’identificazione con Dio, o Un Dio, non era così esplicitata. Pira chiude il ragionamento parafrasando un proverbio africano: “Dice: Dio ti aiuta quando videogiochi. Chi ti ha sorpassato al mattino lo sorpasserai tu nel pomeriggio.

E' soltanto una questione di punteggio nel ruvido mondo dei videogiochi”.

E di copie vendute, ovviamente.