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Dionne Warwick ad Udin&Jazz: bella senz’anima

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[img_assist|nid=7660|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE - C’era una volta il pop, quello evoluto di Beatles e Beach Boys e quello che viveva in un universo parallelo a quello del rock imperante e che aveva in Burt Bacharach uno dei suoi massimi esponenti. Proprio con quest’ultimo nacque artisticamente Dionne Warwick, cantante nera in un genere bianco per antonomasia, dotata di una elegante voce che fu perfetto complemento per le sinuose melodie griffate dalla coppia Bacharach – David.
Diverso fu tale repertorio, così laccato e raffinato e rivolto ad un pubblico bianco, da quello fisico e sensuale delle coeve cantanti afroamericane (Aretha Franklin, Etta James & co.), dirette a chi amava le radici della musica black. È fin troppo ovvio che fossero proprio i primi dei 45 anni di carriera della cantante ad attirare il pubblico accorso al castello di Udine nella serata del 3 luglio, e che proprio su questi la Warwick basasse la sua esibizione on stage. La speranza che venisse data un’interpretazione di un certo spessore di tali canzoni è stata però disattesa fin dall’iniziale Walk On By, moscia e[img_assist|nid=7661|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=430] scontata non solo rispetto alla versione originale ma anche a quella densa di umori lascivi di Isaac Hayes. Certo, la classe e la sua capacità di intrattenimento della Warwick, classe 1940, sono sostanzialmente rimaste inalterate, la sua voce è bella anche se non ha più l’estensione di un tempo, ma l’approccio scontato alle canzoni ha portato il concerto ad una deriva di maniera e priva di anima che potrà piacere ad un pubblico mondano o a chi stila recensioni con discografie e pilota automatico, non a chi cerca emozioni da un live act.
L’effetto juke box della performance è sembrato più adatto alla kermesse sanremese, ad una qualsiasi sagra della nespola o ad una serata al night, più che alla suggestiva cornice del castello di Udine, visto che i brani di Bacharach li abbiamo ascoltati in tutte le salse e ci avrebbe fatto piacere sentirne un’interpretazione più personale. A causa di questo I Say A Little Prayer, I’ll Never Fall In Love Again ed altre epocali canzoni non hanno evocato serate passate al Lounge Bar a [img_assist|nid=7662|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=430]sorseggiare daiquiri, ma noiosi viaggi organizzati preconfezionati con tanto di battimani e balli a comando. Abbiamo inoltre temuto il peggio (il trenino) quando la Warwick si è cimentata con canzoni brasiliane ed abbiamo sofferto quando ha affrontato il misfatto targato Bee Gees di Heartbreaker. Non ce ne abbiano gli organizzatori di Udin&Jazz, manifestazione densa quest’anno di concerti interessanti (Soup Songs, Bill Laswell) o eccellenti (Quintorigo), ma l’esercizio di stile di Dionne Warwick e del suo gruppo non hanno retto il paragone con questi ultimi. Chi scrive ha provato soddisfazione solo quando la cantante ha chiesto al pubblico se conosceva la via per San Josè, (Do You Know The Way Of San Jose), canzone che ha concluso il tutto, lasciandoci con il rimpianto per lo scolastico concerto del gruppo di supporto, l’Udine Jazz Society di Nini Del Zotto. Che non è poco.
Foto Luca d'Agostino/Phocus Agency © 2007 (Siae) Ogni riproduzione vietata.