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Dopo Udine approda al Rossetti Ritter Dene Voss di Thomas Bernhard

Foyer
[img_assist|nid=15775|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]TRIESTE - L’operazione è una di quelle che sollevano, fin dal loro primo annunciarsi, l’attenzione del pubblico e della critica: e Ritter/Dene/Voss di Thomas Bernhard, allestito dal Teatro di Roma, ha mantenuto le promesse e si è rivelato uno dei titoli più ammirati delle ultime due stagioni, applaudito al Teatro India di Roma, spazio per il quale è nato, a cui si aggiunge ora Trieste, dove lo spettacolo è ospite della stagione Prosa dello Stabile del Friuli Venezia Giulia da martedì 11 a domenica 16 novembre. Molte cose rendono tanto interessante Ritter/Dene/Voss: innanzitutto la drammaturgia di Thomas Bernhard, uno dei geni più presaghi e affascinanti della letteratura del Novecento, autore qui di una tragicommedia ricca di suggestioni e sottotesti, che dipinge con rara incisività le dinamiche familiari e interiori dei tre protagonisti. Un testo aperto, induttivo, che si lascia interpretare in modo disperato oppure consolatorio, o come qualcosa che ricomincia sempre, e che possiede molteplici risonanze per chi lo recita, come per chi lo ascolta, preferendo talora il lato tragico, talora quello tragicomico, grottesco, surreale… Scritto nel 1984 il lavoro del grande scrittore austriaco ha oggi una forza sorprendente: Credo che la ‘finis Austriae’ del Novecento in qualche modo ci sia vicina spiega infatti Piero Maccarinelli. è stato così anche con la vera ‘finis Austriae’, cento anni fa: se prendi Arthur Schnitzler, è un magnifico autore ancora oggi, anche se ben lontano dalla nostra realtà. Anche nei testi di Bernhard c’è qualcosa che ci riguarda, che riguarda la nostra vita e la nostra sensibilità. Si potrebbe dire che a ogni cambio di secolo l’Austria con i suoi scrittori si fa specchio della crisi europea. E Bernhard è un po’ lo Schnitzler del fine secolo che abbiamo appena vissuto, perchè ci restituisce l’immagine dei rapporti familiari alterati. Regista di classe e sottilmente analitico, Maccarinelli è un[img_assist|nid=15776|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=429] vero esperto della drammaturgia di Bernhard e il suo incontro con Ritter/Dene/Voss è un’altra delle ragioni che assicurano allo spettacolo particolare appeal: in passato ha infatti portato in scena con successo uno splendido Riformatore del mondo con Gianrico Tedeschi, Alla meta con una indimenticabile Valeria Moriconi e Prima della pensione con Umberto Orsini e Milena Vukotic. Una ventennale frequentazione con un autore di certo complesso e sempre sorprendente, che ha scritto questo testo pensando proprio ai tre ottimi attori che lo avrebbero portato in scena: sono loro l’ulteriore e fondamentale motivazione per non perdersi lo spettacolo. Massimo Popolizio, Maria Paiato e Manuela Mandracchia rappresentano a pieno titolo, nelle loro generazioni, il meglio che abbia prodotto il teatro italiano a livello attoriale. Il loro stretto, intensissimo dialogo a tre, ricco di tensioni, euforie, conflittualità latenti, scoppi d’ira o di malata passione terrà ogni spettatore teso, con il fiato sospeso per la forza delle emozioni trasmesse, ma anche per la perfezione tecnica, interpretativa, espressiva che i tre possiedono. Sono di certo degni eredi di quei Ilse Ritter, Kirsten Dene e Gert Voss, attori nobili e coltissimi della compagnia di Claus Peymann, ai quali Bernhard dedicò lo spettacolo nel 1984 (e ciò svela il mistero del titolo): «Grandi attori che, per usare un termine caro a Bernhard, “sanno di sangue sudore e stallatico” – scrive Maccarinelli nelle sue note – perché questo credo sia il segreto del genio austriaco: scrivere testi apparentemente solo alti o gelidi che riescono a innervarsi e a diventare capolavori anche grazie “al sangue al sudore e allo stallatico” degli attori che gli danno vita, passando dai vertici Wittgensteiniani e filosofici alle contaminazioni più basse e sordide, proprio come nella vita». Il plot vuole che Ritter, Dene e Voss siano figli del ricco industriale Worringer, ormai deceduto: le sorelle Ritter (la minore) e Dene vivono nella vecchia e lussuosa dimora di famiglia e attendono l’arrivo del fratello Voss, filosofo, autore di un trattato di logica, la cui figura allude a Ludwig Wittgenstein. Un ritorno importante poiché Voss – dopo un passato trascorso cercando la libertà dal controllo paterno e la possibilità di sviluppare le proprie teorie filosofiche – si è fatto volontariamente rinchiudere nel manicomio di Steinhof (unico luogo in cui sente di poter esprimere liberamente le sue “verità”) e solo saltuariamente viene convinto a ritornare a casa dalla sorella Dene, contro il parere di Ritter. Dene e Ritter sono entrambe attrici, privilegiate nel loro lavoro dal fatto che il padre ha lasciato loro in eredità la maggioranza nella proprietà del teatro della loro città: la prima vive da vestale dei ricordi familiari, la seconda invece è percorsa dal desiderio di liberarsi di essi, attraverso un impeto distruttivo cui però non riesce a dare attuazione. Sono tre figure al limite della follia, lui chiuso nelle sue manie, le donne invece affannate nei loro vuoti impegni, divorate da desideri repressi, che esplodono in una non troppo sopita attrazione morbosa di entrambe per Voss… Un tumulto di conflitti, tentati confronti, lapsus e rimozioni che si rivelano – come avviene anche nella realtà – soprattutto nel momento della convivialità e nello spazio che è il simbolo del radunarsi della famiglia: la sala da pranzo che farà da sfondo all’intera messinscena. Davanti al vecchio e imponente tavolo di Casa Worringer, attorniati da orribili quadri di vago stile espressionista, raffiguranti incombenti antenati di famiglia, i tre fratelli daranno voce al loro gioco al massacro, ora grottesco, ora drammatico, e comunque senza soluzione. Nel magmatico intreccio di parole e pensieri disegnato da Bernhard, ritroviamo una straordinaria stratificazione di piani di lettura: alle variazioni tipiche di quest’autore sul tema dell’uomo moderno minacciato nel proprio rapporto col mondo, s’intrecciano riflessioni sull’arte (che non si può pretendere rappresenti la realtà, come dimostra l’odio di Voss per i ritratti degli avi), riferimenti precisissimi alla figura di Wittgenstein che gli appassionati di filosofia ritroveranno nelle battute in un continuo gioco di riconoscimenti, un contrapporsi costante – in questa che è forse la più formalmente “tradizionale” fra le opere bernhardiane – fra trasgressione e tradizione, ribellione e rassegnazione, poli dell’inferno che si scatena attorno al tavolo da pranzo dei Worringer. Per ricchezza culturale e raffinatezza dell’edizione, Ritter/Dene/Voss rappresenta dunque un appuntamento teatrale dei più pregevoli. L’universo altoborghese di Ritter (Manuela Mandracchio), Dene (Maria Paiato) e Voss (Massimo Popolizio) è stato ricreato da Carmelo Giammello cui si devono le belle scene dello spettacolo, mentre i costumi sono di Gianluca Sbicca e le musiche sono curate da Paolo Terni. Firma la traduzione del testo Eugenio Bernardi. Dall' 11 al 16 novembre 2008, ore 20.30 Mercoledì 12 e domenica 16 novembre, alle ore 16:00 Politeama Rossetti, V.le XX Settembre, 45 - TRIESTE Ritter/Dene/Voss di Thomas Bernhard - traduzione di Eugenio Bernardi con Massimo Popolizio, Maria Paiato, Manuela Mandracchia Scene: Carmelo Giammello Musiche: Paolo Terni Regia:Piero Maccarinelli Produzione:Teatro di Roma Biglietti: Interi da € 15.00 a € 28.00, Ridotti da€ 12.00 a € 23.00 Info: tel. 040 3593511 info@ilrossetti.it www.ilrossetti.it