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Dramma Italiano: un atto d’amore contro le violenze, una lezione per il presente

Mittelfest 2007
[img_assist|nid=8274|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]Cividale del Friuli (UD) - Qualche tempo fa abbiamo ascoltato le parole di Edoardo Erba, uno degli autori teatrali più importanti sulla scena, che ci aveva raccontato l’accoglienza ricevuta dalla prima mondiale di questo spettacolo a Fiume; un calore che l’aveva impressionato e che gli era rimasto nel cuore come poche altre volte.
Dramma Italiano (Ku?a cvije?a koje leti) affonda le radici nella storia per riportare a galla un problema di sessanta anni fa, ma ancor oggi molto sentito dalla popolazione fiumana. Siamo nel 1948, a Fiume, in un alloggio povero di mezzi e sovraffollato di persone in attesa di una migliore sistemazione. Gente che va e gente che viene, come si diceva in un classico del cinema: donne e uomini in balia di una situazione socio-politica devastata dai conflitti mondiali e delle debolezze/sfortune familiari.[img_assist|nid=8275|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=429] All’epoca Fiume era stata da poco annessa all’ex Jugoslavia (10 febbraio 1947, Trattato di pace di Parigi, nda) e viveva in una sorta di malcelata ambiguità in cui, su un territorio orribilmente mutilato dalle guerre, si innestavano nuove (rinnovate) violenze politiche per l’affermazione di una supremazia: Tito contro Stalin, comunisti contro comunisti, fratelli contro fratelli e tutti contro quegli italiani che prima erano a casa loro (per numero di presenze in città) e che ora si ritrovavano repressi per gelosie, antipatie storiche, vendette; abbiamo iniziato allora a pagare i torti del passato e le ingiustizie di un presente malato che ammantava di ideali l’apologia del potere personale.È in questo punto che si inserisce Erba, ricordando questo periodo frettolosamente archiviato dall’opinione pubblica su cui si abbattono ancora paure, dubbi e pericolose incertezze. Un popolo, quello degli italiani di Fiume, che ha dovuto scegliere la via che voleva seguire: la fuga verso un futuro fatto di molte domande e poche aspettative, ancor meno certezze (l’Italia) o il rimanere ancorati ad un territorio in frantumi e che di lì a poco sarebbe stato estero, incomprensibile per la nostra cultura/tradizione. Lo spiazzamento dei protagonisti e le loro virtù, che si sommano alle umane debolezze di tutti, creano personaggi ricchi di sfumature passionali e drammi che s’incarnano nella pelle del pubblico con pulsioni feroci e palpitanti.
[img_assist|nid=8276|title=|desc=|link=none|align=left|width=428|height=640]Dramma sociale che diventa dramma del focolare e viceversa, tutto si amplifica in un mondo senza coordinate, senza appigli sicuri. Donne fragili che devono snaturarsi per trovare la forza di resistere al (brutto) gioco della vita, uomini rudi che combattono per ideali solo apparentemente (personalmente) universali e vengono emarginati o esclusi dalla storia in modo violento. Malati che non possono scegliere, ma solo subire le immoralità di un ambiente molto più corrotto della loro mente. Erba delinea uno scenario storico con rara lucidità e potenza, parlando anche di malattia, insensibilità, giochi di potere che hanno ancora molto a che fare col mondo moderno, non rinunciando a spruzzate di lieve ironia e ad un finale che lascia intravedere un barlume di rara speranza. Un dramma reso magistralmente da tutti i protagonisti della compagnia (Dramma Italiano, per l’appunto), che ci ha completamente conquistati. Coscienza storica e impegno didattico: una raffinata lezione sul presente per un futuro che deve prendere il coraggio di levarsi l’affanno di un passato così marcio.
Foto Luca d'Agostino/Phocus Agency © 2007 (Siae) Dramma Italiano, 22_07_07, Mittelfest 2007. Ogni riproduzione vietata