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Faust: a teatro lo specchio della vita

Sipario
[img_assist|nid=11705|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE - Chi è Faust? E dove si nasconde Mefistofele? Rispondere a questi interrogativi significa entrare nell’Universo creato da Johann Wolfgang von Goethe in un lavoro ardimentoso, durato ben sessant’anni e pubblicato in tre parti (Urfaust, 1773-75 successivamente ampliato nel Faust. Ein Fragment, 1790; Faust. Prima Parte, 1808 e Faust. Seconda Parte, 1832).

Glauco Mauri e Roberto Sturno, con la loro compagnia, hanno adattato un monumento della letteratura mondiale in uno spettacolo della durata di due ore e venti che riesce a dosarsi in un miracoloso equilibrio, tra l’indispensabile compattazione del materiale ed il mantenimento dei nodi focali del discorso filosofico.

Mefistofele, salito al cospetto di Dio, scommette di poter vincere l’anima di Faust e strapparla così al Re dei Cieli. Dio accetta questa presuntuosa sfida e lascia carta bianca all’angelo decaduto che irretirà Faust su tutti i fronti possibili, fino a portarlo ad esaudire tutti i suoi più segreti, inconfessabili e malati desideri. Però il prezzo da pagare, per ognuno di questi ‘regali’, sarà troppo alto e Faust, ravvisatosi del suo esser brutale, avrà un illuminante ripensamento vincendo il patto col Diavolo e assurgendo alla destra di Dio.

Tale sintesi non rende certo onore a ciò che questo lavoro riesce ad infondere sullo spettatore. Un testo che ha uno spessore infinito, sia culturale che emotivo, e regala brividi e sussulti ad ogni più piccola variazione di tono e registro. C’è tutto: la paura dell’uomo della solitudine, la sua brama di conoscenza e di possesso, l’accecamento nei confronti di ciò che è materiale, la vanità, …

L’uomo non è solo negativo, però, e allora vi ritroviamo la ricerca dell’amore, le crisi di coscienza, il rinsavimento della ragione e degli affetti, la ricerca della gioia nell’attimo felice e non nell’eterno attimo fermati, tu sei così bello.

La versione operata da Mauri e Del Corno, riesce ad essere vivace e a confortarci nell’idea che abbiamo sempre sostenuto: la possanza culturale di un’opera non è per forza, indissolubilmente, legata al concetto di noia, pesantezza (basti vedere anche le magnifiche letture dantesche di Benigni, settimanalmente su RaiUno, nda). Certo, bisogna avere i mezzi giusti per potervi leggere concetti spaventosamente pregni di significati e ricavarne non un senso di sterile gravosità, ma di rinnovato e fulgido amore per l’Arte. Mauri riesce a proiettare sul palco tutto quello che voleva potesse raggiungere il pubblico, merito di una regia attenta, drammaticamente equilibrata e stemperata nei punti giusti. Stupende alcune scene: la fuoriuscita di Mefistofele dagli inferi (con un fumo denso che puzzava veramente di cadavere arso), la strega che brucia lentamente, il siparietto di corte (alla Lewis Carroll), l’entrata sul palco del mondo classico, l’intervento di Angoscia, … . Grazie a delle scenografie (di Mauro Carosi) magnifiche per incisività comunicativa e impatto visivo (senza dimenticare la perfetta aderenza delle luci di Gianni Grasso) e all’abbellimento dei[img_assist|nid=11706|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=425] costumi (di Odette Nicoletti), sempre sorprendenti per bellezza di tessuti e colori, che sono anche specchio attento delle personalità e delle suggestioni ambientali, tutta la messinscena è risultata sbalorditiva.

Non serve dire troppo della prova di due attori esperti e sensibili quali Mauri e Sturno che, nell’alternarsi nei ruoli di Faust e Mefistofele, hanno sempre tenuto in pugno una difficile mimesi attoriale; serve invece puntare le luci sulla giovane e brava Cristina Arnone che interpreta Margherita/Elena.

Goethe definiva il suo lavoro un grande gioco molto serio ed aveva ragione; nella sua grandezza, dramma e ironia si alternano vorticosamente, così velocemente che, alla fine, sul palco non ci sono più gli attori e i personaggi, ma senza immaginarlo ci siamo noi, con il nostro 2008.

Diceva Goethe […] l’oggi è troppo assurdo e confuso ed io mi persuado che i miei sforzi onesti e tenaci attorno a questo strano edificio troverebbero una cattiva ricompensa, e, sbattuti a riva, giacerebbero abbandonati come i resti di un naufragio, ricoperti dai detriti del momento presente. Appunto. Immortale.