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Tra classicità e contemporaneità il Faust di Nekrosius al Giovanni da Udine

Sipario

[img_assist|nid=4829|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]UDINE - Eimuntas Nekrosius non poteva pensare a  una cornice più  degna, l'affollatissimo teatro Nuovo Giovanni da Udine, per la conclusione della tournée del suo Faust. Affrontare di per sé un testo titanico come il Faust di Goethe significa sfidare a piene mani, mani coraggiose, un mostro sacro che è stato ed è chimera ed ossessione per molti uomini di teatro.

Due serate, quelle del Giovanni da Udine, che hanno consegnato alla platea udinese  la maestria e la notevolissima abilità del maestro lituano, coronamento del suo ormai maturo successo di regista, dopo le tappe ugualmente fortunate ma ancora di passaggio del suo ciclo shakespeariano composto da Hamletas (1997), Makbetas (1999) e Otellas (2000).

E la fatica di giungere ad un risultato così vivo e al tempo[img_assist|nid=4830|title=|desc=|link=none|align=right|width=479|height=640] stesso così essenziale – questa la sua vera grandezza – della performance della sua compagnia Meno Fortas, in cui spicca l'attore storico Vladas Bagdonas, costituirà sicuramente, per il tempo a venire, un monito e un insegnamento per chiunque voglia cimentarsi in una simile impresa. Un monito perché affrontare oggi il Faust significa misurarsi con un dei più grandi archetipi della cultura occidentale e un insegnamento perché- come dice di sé Nekrosius stesso – pensare ad una regia per il Faust - è un po' come misurare le proporzioni fra una montagna e l'uomo che la vuole scalare. Quest'uomo sono io, ma è anche ciascuno di noi.

La bellezza dello spettacolo, in tre atti, meraviglia per la sua capacità di porre lo spettatore nella possibilità di scavare fino alle radici più profonde dei miti fondatori dell'uomo moderno, alla quale si aggiunge una grande vitalità e altrettanta introspezione filosofica.
In questo contesto la sfida di Nekrosius si svolge e si consuma direttamente sulla scena nella metamorfosi di Mefistofele, sdoppiato nella sua forma canina e umana, nell'apparizione di Margherita che si pone nuovo elemento capace di ri-catturare l'attenzione (se mai ce ne fosse bisogno) fino ad arrivare alla figura possente e ieratica di Dio, vestito di bianco, che maneggia e rigira il peso del mondo spingendo e sopportando su di sé il peso di una trave grevisssima.
[img_assist|nid=4831|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=428]Particolarmente d'effetto e riuscita proprio la figura di Mefistofele, nella scena in cui erompe vestito ovviamente di rosso e con una bandiera dello stesso sanguigno colore  tra trombe e stridii di cornacchie
Al suo baccano corrisponde, durante l'intera performance, una marea di silenzi, pause di parola, che vestono l'essenzialità della sua regia di una forza originaria – forse rimembranza del più antico Faust di Marlowe e dove si rimane incantati dalla luna, dai ruscelli, dal vento, dalla bellezza della natura, insomma, più che dalla magia misterica e alchemica della scienza. Con questo spettacolo Nekrosius regista ha sicuramente vinto la sua sfida.

Foto Dmitri Matvejev