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Biotact, un robot tattile allo studio alla Sissa di Trieste

Università
TRIESTE - Oggi su PLOS Biology i risultati di una ricerca Sissa sull’attività neuronale dei ratti, abilissimi nel riconoscere gli oggetti, anche al buio, usando i loro “baffi” Partirà il 1 gennaio 2008 il progetto europeo BIOTACT che vede la Sissa impegnata, insieme a otto partner europei e uno americano, nella realizzazione di un robot tattile. Biomimetic technology for vibrissal active touch: il progetto intende trasferire dalla biologia alla robotica le potenzialità del senso del tatto, ispirandosi ai processi neuronali e alla morfologia dei “baffi” di due specialisti del tatto: il ratto e il mustiolo etrusco, un piccolissimo insettivoro. I ratti sono un interessante modello cui ispirarsi: sono in grado di comprendere infatti in modo estremamente raffinato come sia formata una superficie grazie alle loro vibrisse con cui spazzolano gli oggetti, proprio come noi facciamo con i polpastrelli. «I movimenti ritmici delle vibrisse – spiega Mathew E. Diamond, responsabile del laboratorio di percezione e apprendimento tattile della Sissa – fanno partire segnali sensoriali che comunicano al cervello come sono fatti gli oggetti circostanti e consentono a questi animali di muoversi ed esplorare l’ambiente in assenza di segnali visivi». «Il tatto – continua il neuroscienziato della Sissa – è una delle modalità sensoriali meno studiata, anche se è molto importante: basti pensare per esempio ai non vedenti, che attraverso movimenti delle mani rapidi e ripetitivi riescono a costruire la percezione degli oggetti. Scenari futuri della robotica, comunque, ci proiettano in una realtà popolata anche da robot tattili. Infatti, con il team del progetto BIOTACT da gennaio ci metteremo a lavoro per realizzare artefatti in grado di elaborare e codificare stimoli tattili, seguendo un approccio “biologically inspired”, cioè imitando la biologia del tatto. Secondo questo approccio, è necessario comprendere non solo i meccanismi di contatto con la superficie, ma anche elaborare reti neurali che “decodificano” i segnali per riconoscere l’oggetto sotto esame». Ma nell’animale, qual è il linguaggio neuronale per la percezione tattile? Il team di Diamond ha appena pubblicato sulla rivista PLOS Biology i risultati di una ricerca che illustra l’attività neuronale dei ratti impegnati nell’individuare superfici diverse.   L’esperimento I ratti dovevano toccare con i baffi una superficie e riconoscerne l’identità (più o meno ruvida) nel buio più assoluto. A seconda delle caratteristiche della superficie dovevano girare a destra o a sinistra per guadagnare il premio, ovvero dell’acqua. I ricercatori hanno registrato l’attività neuronale nella corteccia cerebrale dei ratti mentre erano impegnati nel compito: sono così riusciti a definire la rappresentazione degli stimoli e a gettare luce sui meccanismi neuronali che traducono il tatto in riconoscimento. Per comprendere come l’attitività neuronale determini il comportamento dell’animale, i ricercatori hanno esaminato nel dettaglio cosa accade quando i ratti falliscono la prova non riuscendo a guadagnare l’acqua. «Abbiamo riscontrato che quando il ratto distingue correttamente le due superfici, al contatto con la superficie ruvida corrisponde un’alta attività neuronale» commenta Diamond. Al contrario il contatto con la superficie liscia genera un’attività neuronale più bassa. «Quando però la scelta non identifica correttamente lo stimolo (nel 10% delle prove), si riscontra una codifica rovesciata: l’attività neuronale è bassa per la superficie più ruvida». Esaminando i video ripresi con telecamere infrarosse a 1.000 immagini al secondo, i ricercatori hanno riscontrato che l’errore accade perchè i baffi “hanno un contatto sbagliato” con la superficie, passando cioè sotto o sopra l’oggetto d’interesse. «Però, avendo identificato le basi neuronali della sensazione tattile, noi sappiamo la scelta che farà l’animale ancora prima della sua azione: i neuroni corticali portano il segnale sbagliato, il ratto “ascolta” i suoi neuroni e compie inevitabilmente la scelta sbagliata. Ovvero se il contatto con lo stimolo genera una risposta neuronale bassa, il ratto va nella direzione associata allo stimolo liscio». «Sfiorando con i baffi le superfici – spiega Diamond - i ratti sondano gli oggetti che incontrano e generano sensazioni tattili: questa forma di “active sensing” consente loro di riconoscere in maniera veloce e accurata le superfici. Il tutto accade molto velocemente: in 200 millisecondi i ratti sono in grado di generare, codificare ed elaborare lo stimolo. Ora intendiamo integrare la conoscenza delle basi neuronali della sensazione tattile nei robot BIOTACT».