Error message

Il file non può essere creato.

La Promessa dell’Assassino: Cronenberg, promessa mantenuta

ConSequenze

[img_assist|nid=11234|title=|desc=|link=none|align=left|width=130|height=130]Come piccoli tasselli di uno stesso mosaico, tutti i film del canadese Cronenberg sembrano parlare di una sola ossessione: la ricerca dell’identità. Identità celate o in forma di metamorfosi, identità in crisi o nascoste in realtà distorte. Videodrome, La Mosca, Il Pasto Nudo, fino alle ultime due meraviglie Spider (2002) e A History of Violence (2005): teoremi ineccepibili e indiscutibili, microcosmi densi di inquietudine dove non esistono eroi, ma uomini corrotti nello spirito, nella carne e nella mente.

Al centro di La Promessa dell’Assassino (e quanto poco accattivante è il titolo italiano rispetto all’originale Eastern Promises) c’è la Vory V Zacone, la mafia russa trapiantata a Londra. Con tutto il suo codice d’onore, le sue gerarchie, i suoi lavori sporchi. E i segni di una “carriera” incisi sulla pelle, come dimostra il corpo pieno di tatuaggi di Nikolai (Viggo Mortensen), che pur di mestiere fa solo il taxista del boss. Un personaggio ambiguo, carismatico, che sembra valere molto più del suo “padrone” Kirill (Vincent Cassel), debole e spaccone ma figlio del capo e destinato di conseguenza alla[img_assist|nid=11235|title=|desc=|link=none|align=right|width=640|height=425] successione. A turbare gli equilibri di questo universo chiuso ci pensa l’ostetrica Anna (Naomi Watts), che bussa al portone del clan in cerca di una verità: chi è la ragazza morta poche ore prima di parto prematuro a soli 14 anni? Qual è la sua storia e quale sarà il destino del neonato orfano? Forse la risposta è nel diario della giovane, scritto in russo e dunque incomprensibile. Anna cerca solo un aiuto per la traduzione, ma ben presto capirà di essere finita nell’occhio del ciclone.

Intriso di violenza e cinismo, Eastern Promises filma un clima soffocante, claustrofobico, dove non esiste la parola salvezza, né per i buoni né per i cattivi. Il regista asciuga il genere del gangster movie facendolo proprio, inserendovi cioè i leit motiv della sua cinematografia. Niente barocchismi alla Martin Scorsese (il recente The Departed), nessuna enfasi da Padrino; questo è un mondo a parte cupo e disincantato, in cui regole arbitrarie diventano leggi di natura, in cui la sessualità contiene sempre il germe della sopraffazione (e si fa anche [img_assist|nid=11236|title=|desc=|link=none|align=left|width=640|height=425]iniziazione), in cui una nascita è un oscuro presagio e non un lieto evento. L’autista Nikolai, uomo dalle poche parole e dallo sguardo di ghiaccio, è capace di qualsiasi azione. Come mutilare un corpo congelato, violentare una donna, uccidere senza remore perché così vuole la “famiglia”. Ma i suoi contatti con Anna rivelano lentamente i segni di una moralità, di una coscienza soffocata per anni sotto la logica dell’Homo Homini Lupus (l’uomo è lupo per gli altri uomini, l’unica regola è la sopravvivenza). La sua catarsi esploderà nella scena della sauna: corpi nudi a contatto, Nikolai che da carnefice diviene vittima e combatte disperatamente per non morire. Quasi un massacro liberatorio, che apre al protagonista il viatico di una redenzione. E gli permette di sollevare la testa dal Male.

Per quest’opera si parlerà sicuramente di eccessiva crudeltà, di una messinscena brutale ai limiti della sopportabilità visiva. Ma questa è l’onestà di David Cronenberg, che gira un film feroce come solo la realtà sa (e può) essere. Non ci sono inutili orpelli, le storture della nostra contemporaneità vanno spogliate, non protette o mitizzate. E a questo punto i paragoni sembrano superflui, nessun regista al giorno d’oggi è capace come Cronenberg di mantenere a livelli così alti i propri standard qualitativi. Di film in film, da capolavoro a capolavoro.